Anoressia: le origini culturali del valore della magrezza
- Lucia Alvisi
- 9 lug 2016
- Tempo di lettura: 3 min

Quali sono le ragioni storiche e culturali del valore oggi attribuito alla magrezza?
Gli studi transculturali indicano che, nella maggioranza delle culture umane, l’essere grassi è stato preferito alla magrezza, soprattutto per le donne. La prima spiegazione è di ordine economico: nelle società in cui le risorse sono scarse e le ricchezze sono limitate, il corpo grasso è oggetto di ammirazione in quanto simbolo di ricchezza e di scorte abbondanti. Le preferenze sul peso corporeo, tuttavia non sono da considerare risultato di fattori prettamente economici perché su di esse ne intervengono altri come il ruolo della riproduzione. Il rapporto fra grasso e riproduzione si può cogliere nei rituali africani della “cerimonia di ingrasso” e delle “capanne per l’ingrasso”, un tempo diffuse nell’Africa centrale e orientale. Dopo la pubertà, le ragazze venivano intenzionalmente supernutrite, cosicché i loro corpi potevano essere mostrati alla comunità come simbolo di buone condizioni economiche della famiglia ed ottime capacità riproduttive della ragazza.
In Europa Occidentale e negli Stati Uniti l’ideale della magrezza si è affermato soltanto nel XX secolo che è stato definito da Bennet e Gurin (1982) “il secolo della snellezza”. Sembra che alla fine dell’Ottocento il significato simbolico della magrezza fosse collegato all’idea di classe sociale per cui l’essere minuti, l’avere mani e piedi delicati era considerato l’ideale di bellezza fra le donne ricche.
Hilde Bruch (1977) descrive il caso di una ragazza anoressica, di famiglia appartenente all’alta borghesia, che riteneva che essere grassa significasse essere sfruttatori: “Se sei magra non pensano che tu sia ricca e abbia una vita tanto facile. Chi è grasso è come i re medievali; ricchi e potenti, non fanno nulla e tutti lavorano per loro. Se hai l’aspetto esausto e lo sei, dimostri che lavori molto, e altrimenti mi sento così immeritevole” (Bruch, 1977, pag 129).
L’obesità fu sottoposta ad aspre critiche a partire dai primi decenni del XX secolo, e il problema del controllo del peso divenne già in quegli anni un pesante fardello a cui adeguarsi.
Fu solo negli anni Venti che il tipo corporeo piatto, sottile venne adottato in massa dalle donne desiderose di ascendere la scala sociale. Secondo Bennet e Gurin, il credo della ragazza indipendente era chiaramente in contrasto con il ruolo materno. Il corpo androgino, maschile della ragazza indipendente è l’anticipazione della figura piatta che doveva riaffermarsi negli anni Sessanta.
Dopo le Seconda Guerra Mondiale, in un periodo di contrazione dei consumi, ritornò di moda (soprattutto nell’ideale maschile) la donna formosa, dal seno abbondante. In questo periodo non scomparve mai del tutto l’attenzione alla linea da parte delle donne, ma sembrò attenuarsi per l’incombere di problemi economici, politici e internazionali per cui avevano il sopravvento sulle preoccupazioni concrete della vita quotidiana.
È negli anni Settanta che si affermò la snellezza come imperativo, una snellezza androgena, quasi da fanciullo in età prepuberale. La cultura di consumo in quegli anni era ossessionata dal culto della giovinezza, perseguitata dallo spettro della vecchiaia e sempre pronta ad appropriarsi delle immagini della “liberazione sessuale”.
A metà degli anni Ottanta si delineò una nuova moda per cui non diminuì l’importanza della magrezza, e contemporaneamente si registrò un ritorno del seno formoso. Questo nuovo modello di bellezza, che è ancora in voga tutt’oggi, potrebbe risultare ancor più distorto, dal momento che un corpo sottile difficilmente può presentare un seno abbondante. Lo dimostra il fatto che sempre più spesso le donne dello spettacolo ricorrono alla chirurgia estetica per adattarsi ai nuovi canoni.
Non va dimenticato in questo contesto il ruolo che assumono i mass media e della moda nel diffondere i canoni attuali di bellezza fisica basati su una magrezza estrema.
Bibliografia:
Bennet, W., Gurin, J. (1982). The Dieter’s Dilemma. New York: Harper and Row.
Bruch, H. (1977). Patologia del comportamento alimentare: obesità, anoressia mentale e personalità.
Milano: Feltrinelli.
Garner, D., Garfinkel, P.E. (1981). Body image in anorexia nervosa: Measurement, theory and clinical implications. International Journal of Psychiatric Medicine, 11, 263-284
Gordon, R. (1991). Anoressia e bulimia: anatomia di un’epidemia sociale. Milano: Cortina.
Prince , R. (1983). Concept of cultural bond syndromes. Trans. Psychiat. Res. Rev., 22.
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