Il training autogeno come alleato ai farmaci per il trattamento della Fibromialgia
- Lucia Alvisi
- 24 mar 2017
- Tempo di lettura: 3 min
Articolo pubblicato sulla "FIBROMILAGIA. La rivista italiana" (num.6/2017)
Autore: Dott.ssa Lucia Alvisi
ll training autogeno (T.A.) è un metodo di auto-rilassamento che consente, attraverso la concentrazione mentale, di alleviare tensioni sia psichiche che corporee. Fu sviluppato negli anni ‘30 da Johannes Heinrich Schultz, psichiatra tedesco, che aveva iniziato i suoi studi sull’ipnosi a partire dalle storiche ricerche di Oskar Vogt, del quale Schultz fu allievo. Attualmente la tecnica si è diffusa in modo massiccio in Europa, in America, in Asia, tanto che la letteratura è molto ampia sia sugli aspetti teorici che applicativi. Il training autogeno, oltre che essere utilizzato nelle attività sportive agonistiche perché migliora la concentrazione, è oggi ampiamente applicato anche in ambito clinico nel controllo dello stress, nella gestione delle emozioni e in tutte le patologie con base psicosomatica (ansia, attacchi di panico, insonnia, emicrania, asma, ipertensione). Partendo dall’etimologia, questa tecnica di rilassamento e si definisce come una tecnica che "si genera da sé" ovvero l'individuo può mettere in pratica da solo i 6 esercizi di base appresi sotto la guida di un esperto. L’allenamento al TA consente, dopo la prima fase di addestramento, di raggiungere la capacità di ottenere dei benefici psicofisici immediati grazie alla ripetizione di “formule autogene” recedute da una formula di induzione alla calma. Questa tecnica quindi può produrre dei cambiamenti a tre livelli: • livello fisiologico, favorendo un riequilibrio del Sistema Nervoso Vegetativo e del Sistema Endocrino, entrambi strettamente connessi ai vissuti emotivi; • livello fisico , migliorando lo stato di benessere e di salute generale; • livello psicologico, aiutando a ristrutturare le proprie reazioni negative e migliorando alcuni vissuti psicologici.

Ogni esercizio si concentra su 6 distretti corporei distinti. I primi 2 Esercizi sono detti fondamentali: • esercizio della PESANTEZZA, che agisce sul rilassamento dei muscoli; • esercizio del CALORE, che agisce sulla dilatazione dei vasi sanguigni periferici; a cui si aggiungono i 4 Esercizi complementari: • esercizio del CUORE, che agisce sulla funzionalità cardiaca; • esercizio del RESPIRO, che agisce sull'apparato respiratorio; • esercizio del PLESSO SOLARE, che agisce sugli organi dell'addome; • esercizio della FRONTE FRESCA, che agisce a livello cerebrale. Attraverso il training autogeno si crea un crescente equilibrio psico-somatico che va ad agire sulle emozioni e sugli stati somatici legati alla contrazione di muscoli involontari, mediate dal Sistema Nervoso Autonomo. Gli esercizi infatti, diminuiscono l’attivazione psicofisiologica e quegli eccessi di alcuni ormoni, come l’adrenalina, che si riversano nel sangue in condizioni di stress.
Allo stesso modo l’allenamento autogeno permette di passare gradualmente ad una maggiore consapevolezza e controllo delle attività muscolari involontarie (es. respirazione), liberandole sempre di più del controllo volontario negativo che costringe a stati di stress alcuni muscoli volontari. Il carico di tensioni fisiche e psicologiche accumulate viene scaricato attraverso le cosiddette “scariche autogene”, ossia quei fenomeni transitori di origine psicologica o somatica che tendono a manifestarsi in modo decrescente fino a sparire completamente nel corso dell’allenamento autogeno e che sono connesse alla possibilità del T.A. di liberare e decongestionare le aree cerebrali sovraccaricate dallo stress. Per questo spesso, nelle fasi iniziali dello svolgimento degli esercizio di training autogeno, si possono verificare scariche motorie, uditive, vestibolari o ancora scariche affettive (emozioni di vario tipo positive o negative). Di qualunque tipo siano le scariche autogene esse in genere interessano aree somatiche (muscoli, vista, ecc.) o aree psicologiche (affetti, pensieri, ecc.) sovraccariche di tensione che in tal modo viene diminuita gradualmente.
Anche il training autogeno è in grado quindi di rappresentare un valido alleato alla cura farmacologica per il trattamento della fibromialgia, in particolare per il trattamento del mal di testa, dei disturbi del sonno ma anche per i disturbi della concentrazione e della memoria. Sappiamo che la cura alla fibromialgia deve essere sempre multidisciplinare. Accanto alla terapia farmacologia deve essere prevista una riabilitazione fisica graduale per aumentare la resistenza al dolore, accompagnata, se necessario, da un trattamento di psicoterapia. Spesso, infatti, i pazienti fibromialgici hanno subito seri traumi affettivi che devono essere approfonditi o vivono una condizione che li portano spesso a sviluppare una depressione reattiva alla malattia, dovuta a anni di dolore, insonnia, stanchezza che non migliora con il riposo, difficoltà di concentrazione e disturbi della memoria a breve termine, peregrinazioni da un medico all’altro prima di arrivare alla diagnosi e quindi a una cura, isolamento sociale e incomprensioni. In questi casi, una psicoterapia adeguata come la terapia dinamico-breve o la terapia cognitivo-comportamentale, integrata attraverso l’utilizzo del training autogeno e di altre tecniche di rilassamento, forniscono alla persona un supporto valido per contrastare le difficoltà della patologia, oltre che alleviarne così le sofferenze più importanti.
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